Meride e Selinunte, Vienna, van Ghelen, 1721

 ATTO TERZO
 
 Gabinetto reale.
 
 SCENA PRIMA
 
 DIONISIO
 
 DIONISIO
 
    Non credea che affanni e cure
 ricoprisse un regal manto.
 
735Viver potea giorni tranquilli e lieti,
 senz’affanno d’impero.
 Fasto mi entrò ne l’alma
 e pace ne partì. Mi alzò sul trono
 con l’aura popolar forza ed inganno.
740Patria, sei vendicata
 dal tuo stesso tiranno.
 Tu libertà perdesti ed io riposo.
 A te con giuste leggi
 mitigo il danno. A me sospetti e rischi
745crescono sempre e mi sta invidia a canto.
 
    Non credea che affanni e cure
 ricoprisse un regal manto.
 
 SCENA II
 
 SELINUNTE e DIONISIO
 
 SELINUNTE
 Signor...
 DIONISIO
                   Senza il tuo amico?
 SELINUNTE
 Spinto da giusto sdegno io lo precedo.
750Di Timocrate, o sire,
 non ha termine o fren l’audacia e ’l fasto.
 Se impunito il lasciai, non fu, il confesso,
 non fu l’ossequio che mi tenne il braccio.
 Meride fu. Mi rammentò la fede.
755Corresse l’ire e a la ragion le mise.
 Forse non avrò sempre
 tanto impero in me stesso;
 né tel prometto. Ei tenor cangi o a sdegno
 cederà tolleranza,
760che un troppo insolentir mal si sopporta.
 
 SCENA III
 
 MERIDE e i suddetti
 
 DIONISIO
 Vieni, o Meride, o amico. In guerra e in pace
 il genio tutelar sei del mio regno. (Abbracciandolo)
 MERIDE
 Ciò che già oprai...
 DIONISIO
                                     Ciò che poc’anzi oprasti,
 ultimo non si conti
765fra i pregi tuoi.
 MERIDE
                               Timocrate...
 DIONISIO
                                                       Mi è nota
 la tua virtù, la sua insolenza. Il tutto
 da Selinunte intesi.
 MERIDE
                                       Ei meritava
 quella pena...
 DIONISIO
                            Mia cura
 fia in avvenir porvi compenso e norma.
 MERIDE
770(Ei ne ignora il destino o se ne infinge).
 DIONISIO
 Sedetevi e mi udite. (Tutti e tre siedono)
 Principi, nel re vostro io so che amate,
 più che l’alta fortuna, il suo buon nome;
 e se alcuna vedeste ombra anche lieve,
775che potesse offuscarlo,
 mi verrebbe in soccorso il vostro amore,
 che a verità, dove un re giusto impera,
 uscio sta aperto, onde accostarsi al trono.
 Di giustizia mi pregio; e n’è la fede
780fondamento e sostegno.
 Anche data al vassallo obbliga e stringe
 e ’l violarla è da tiranno ed empio.
 Voi, per cui grande e più temuto io regno,
 Ericlea mi chiedeste e me ne increbbe.
785Promessa altrui, dovea negarla a tutti.
 SELINUNTE
 Timocrate...
 DIONISIO
                         Mi resta
 che dirvi ancor, forse men grave. Ad ambo
 Ericlea ricusai. La tolsi a un solo.
 A l’uno e a l’altro egual mercede io deggio;
790e ne le due ve l’offro
 mie reali germane.
 Vi unisco al sangue mio. L’illustre dono
 compensi l’onta del primier rifiuto.
 Maggior non l’ho. Se nol gradite, il mio
795dovere è sfortunato,
 primo fra i re per impotenza ingrato.
 SELINUNTE
 Da tua bontà son soprafatto e vinto.
 Che dir non so. Rincori
 Meride l’alma da stupore oppressa.
 MERIDE
800Quanto per Selinunte
 fa l’amor tuo, gli si conviene; è giusto.
 Ma per Meride, o sire,
 sospendi i doni tuoi. So qual destino
 per me alterni a vicenda or beni, or mali.
 DIONISIO
805Meride, il tuo timor... Ma chi sì audace?...
 
 SCENA IV
 
 ARETA e i suddetti
 
 ARETA
 Non ha né serba modo il mio dolore. (In atto come di entrare a forza)
 DIONISIO
 Areta... (Areta corre a inginocchiarsi a’ piedi del re)
 ARETA
                  Eccelso re, giustizia imploro.
 La devi a te... La devi al pianto... O dio!
 Vendica il padre mio. (Piange abbracciandone le ginocchia)
 DIONISIO
810Tuo padre? Aimè!
 SELINUNTE
                                    (Che fia?)
 DIONISIO
 Sorgi. Fa’ cor. Frena i singulti. Parla.
 MERIDE
 (Misera!)
 ARETA
                     Ahi! Che dir posso? (Levandosi)
 Morto è ’l tuo servo. Il mio buon padre è morto.
 DIONISIO
 Timocrate?
 ARETA
                        Egli è morto.
815Han veduto quest’occhi
 il suo sangue sgorgar dal fianco aperto,
 quel sangue a lui rimasto
 da tante guerre, ove per te lo sparse.
 Steso su l’erba il vidi. Ah! Quale il vidi!
820E ’l trovai senza vita e senz’averne
 l’ultimo addio... Mi manca
 la voce... Io non ho tanto
 vigor... che più mi lasci...
 Ma al più giusto dei re parla il mio pianto.
 SELINUNTE
825(Chi mai l’uccise?)
 DIONISIO
                                      Areta, (Levandosi)
 un padre tu perdesti;
 un amico io perdei. Ma l’amor mio
 non è morto con lui.
 Vivrà per te...
 ARETA
                            No, sire,
830non cerco altro conforto.
 Sol vendetta dimando; e se a me fosse
 noto il reo parricida,
 non a te la sua testa,
 a me la chiederebbe il mio furore.
835Deh! Non lasciar sotto il tuo retto impero,
 sugli occhi tuoi, tanto delitto impune.
 L’ucciso era il miglior de’ tuoi vassalli,
 era il tuo più fedele, era il mio padre.
 Vendetta, o re, vendetta.
 DIONISIO
                                               Io te la giuro.
840Invan si asconderà l’empio al mio sdegno;
 e s’oggi fia che in mia possanza io l’abbia,
 oggi cadrà sotto una scure o d’altra,
 qual più vorrai, barbara morte e vile.
 ARETA
 O dei gran re specchio ed esempio, o forte
845punitor dei misfatti,
 bacio tua man vendicatrice. Adempi
 tua regal fede. Il mio dolor l’accetta.
 Oggi del reo la morte
 per te giustizia sia, per me vendetta.
 
850   Tu vedesti il pianto mio.
 Vedi ancor del padre il sangue;
 ma in dolor sì acerbo e rio
 è suo sangue anche il mio pianto.
 
    Più dirà quel corpo esangue
855che non disse il mio dolore;
 e vedrai qual sia quel core
 che ti amò, che amasti tanto.
 
 SCENA V
 
 DIONISIO, MERIDE e SELINUNTE
 
 DIONISIO
 Sì tosto e di tal morte
 mi è Timocrate tolto? Ah! Generosi,
860invan voi mel salvaste. Altrove, altrove
 ire in traccia convienmi
 del suo omicida. Il troverò. Supplici,
 che agguaglino il suo fallo,
 mancheranno a giustizia? Ira può farli.
 
865   Sinché non trovo il perfido,
 sinché nol miro esanime,
 furie, non mi lasciate.
 
    Quant’ei fu audace e barbaro,
 quanto io dolente e misero,
870tanto vi vo’ spietate.
 
 SCENA VI
 
 MERIDE e SELINUNTE
 
 MERIDE
 Non pensar, Selinunte,
 che il mio lungo tacer sia vil timore.
 Chi Timocrate uccise e qui sen venne...
 SELINUNTE
 Che? L’uccidesti tu?
 MERIDE
                                        Sì, la sua pena
875dovuta era al mio braccio.
 SELINUNTE
                                                  Ahi! Che facesti?
 Tu legge a l’ire mie ponesti e modo
 e libero a le tue lasciasti il freno?
 Se l’amor di Ericlea tanto era forte,
 io pur te la cedea. Perché un rifiuto
880farne a la mia amistade?
 E voler meritarla
 con tanto, ah! tuo periglio e mio tormento?
 MERIDE
 Sii più giusto. Fa torto
 a sincera amicizia anche un sospetto,
885non che un’accusa. Al colpo io fui costretto.
 L’amante nol vibrò, lo fe’ l’amico.
 Ai mali di Ericlea pietà si dolse;
 di Selinunte ai torti ira si accese.
 Se su l’ingiurie tue tacea il mio sdegno,
890io teco divenia vile ed indegno.
 SELINUNTE
 Perdonami... Ma cinta
 da reali custodi è già la soglia.
 Ogni scampo ti è tolto.
 MERIDE
 Né ’l vorrei, se l’avessi. È troppo caro
895morir per un amico.
 SELINUNTE
 Morire? Il nostro brando
 via ci aprirà...
 MERIDE
                             Ti acheta.
 Vincer non puoi l’inesorabil fato;
 ma de’ miei giorni ne l’estremo istante
900farò che scorga Selinunte e ’l mondo
 in Meride l’amico e non l’amante.
 
 SCENA VII
 
 DIONISIO e i suddetti
 
 DIONISIO
 Chi detto avria che, con sì franco aspetto
 e caldo ancor de l’altrui strage, osassi
 por piede in queste soglie, onde non esce
905un reo che condannato?
 Timocrate uccidesti. Il tuo delitto
 ti manifesta. E fu chi vide il ferro
 e ’l colpo e l’omicida.
 O comando schernito!
910O rotta fede! O mille colpe in una!
 Tutto era poco. Io non sapea l’ucciso
 e a l’uccisor porgea le braccia e alora
 ne facevi in tuo cor giubilo e festa.
 Ma poco ne godrai, ch’oggi avrai morte.
 MERIDE
915Non attender, signor, che in tal destino
 tenti discolpa o grazia implori. A morte
 troppe volte andai contro,
 per averla a temer; né perdon chieggo,
 dove error non conosco.
920Se Timocrate uccisi,
 provocato l’uccisi. Il tuo comando
 potea farmi obbliar le andate offese,
 non impor sofferenza ai nuovi insulti.
 Egli volle morire. Al sacro patto
925di una pace giurata io non mancai;
 in lui, che il profanò, lo vendicai.
 DIONISIO
 Ingiurie tu pretendi;
 ed io veggo ferite; e veggo in esse
 il mio sprezzo e ’l mio danno; e ne avrai morte.
 SELINUNTE
930Gran re, che di giustizia il vanto porti
 e di clemenza ancora,
 a’ miei non già, di Meride a’ trionfi...
 DIONISIO
 No no, tutti cancella
 l’ultima offesa i benefici antichi.
935Oggi morrà. Diedi mia fede e a questa,
 se la sprezza un vassallo, il re non manca.
 MERIDE
 Tu ’l vuoi. Giusta è la pena. A te dispiacqui.
 E questa è la mia colpa.
 Non si cangi il supplicio;
940né si ritardi. Un sol favore imploro.
 DIONISIO
 E che?
 MERIDE
                Sol per brev’ora
 uscir di Siracusa.
 Ritornerovvi, anzi che cada il giorno,
 e porterò sotto la scure il capo.
 DIONISIO
945Qual pegno lasceresti
 de la vita più caro?
 MERIDE
 Mia fede.
 DIONISIO
                     A cui mancasti?
 MERIDE
 Scortinmi i tuoi custodi.
 DIONISIO
 Facile è guadagnar l’anime vili.
 SELINUNTE
950Che più si cerca? Ostaggio per l’amico
 l’amico resterà.
 DIONISIO
                               Tu, Selinunte?
 Meride è condannato; e s’ei non riede,
 tu morresti per lui.
 SELINUNTE
                                      Mancare al forte
 può la gloria in morir ma non la morte.
 DIONISIO
955Avverti. Io non perdono,
 ove deggio punire.
 SELINUNTE
 Di vivere ho timor, non di morire.
 DIONISIO
 Pensa. Tanto di vita
 a te riman, quanto di spazio al giorno.
 SELINUNTE
960Il mio solo spavento è ’l suo ritorno.
 
 SCENA VIII
 
 NICANDRO e i suddetti
 
 DIONISIO
 Nicandro, a tempo giugni.
 A Meride si lasci
 libero uscir di Siracusa. Ei torni
 o s’involi al gastigo, ho in che punirlo.
 NICANDRO
965Ei Timocrate uccise.
 DIONISIO
                                        E morir deve.
 NICANDRO
 Come morir, se libertà gli doni?
 DIONISIO
 Resta per lui l’amico.
 NICANDRO
                                         E s’ei non riede?
 DIONISIO
 Morirà Selinunte.
 Custodito e’ qui sia. Meride parta.
970Né giustizia si dolga. O a la tua pena
 verrai, perfido core,
 o vivrai senz’amico e senza onore. (Parte seguito da Nicandro)
 
 SCENA IX
 
 MERIDE, SELINUNTE e poi NICANDRO
 
 MERIDE
 Selinunte, ti lascio; e non mi abuso
 di questi, dono tuo, cari momenti.
975Deh! Non perderne il merto
 con un solo timor.
 SELINUNTE
                                    Meride, amico,
 donami la tua morte e son beato.
 MERIDE
 Amico,tu non m’ami, (Nicandro ritorna)
 se perfido mi brami e scellerato.
 NICANDRO
980Meride, a tuo piacer rimanti o parti.
 MERIDE
 
    Tornerò.
 
 SELINUNTE
 
 L’amor mio nol chiede a te.
 
 MERIDE
 
 Ma la fede il chiede a me;
 e tu dei più che la vita
985ne l’amico amar l’onor.
 
    Per amico aver vorresti
 un ingrato, un traditor?
 Torto è questo e non amor.
 
 SCENA X
 
 SELINUNTE e NICANDRO
 
 NICANDRO
 Egli parte. Tu resti. Io ti compiango.
 SELINUNTE
990Di pietà sarò degno, alor che e’ rieda.
 NICANDRO
 E ’l credi tu?
 SELINUNTE
                           No, se Nicandro ei fosse.
 NICANDRO
 Meride è troppo saggio, onde più torni
 a quel, cui ti abbandona, ultimo fato.
 SELINUNTE
 Ciascun misura altrui col proprio core.
 NICANDRO
995Prevale ad ogni affetto il proprio amore.
 SELINUNTE
 
    Affretta, o tempo, a l’ore il corso e il volo.
 Un bel momento solo
 per me val cento età, val cento vite.
 
    Felice il mio destin, venture genti,
1000se la metà poss’io
 più cara del cor mio
 morendo preservar, felice il dite.
 
 SCENA XI
 
 NICANDRO e poi ERICLEA
 
 NICANDRO
 Sfortunato Timocrate! Ti è tolto
 con che placarti, ombra insepolta ancora.
1005Vittima ti si appresta
 ma non la tua... Che miro?
 Ne la reggia Ericlea?
 ERICLEA
                                         Nicandro, e dove,
 dove Meride fia? Dove il mio forte
 vendicatore?
 NICANDRO
                           In Siracusa il cerchi?
1010Cerca qui Selinunte. Egli è fra’ ceppi.
 ERICLEA
 Per Meride sto in pena. O dio! Tu taci?
 NICANDRO
 Meride ha libertà, forse in tua traccia;
 e prigionier sta Selinunte e in rischio.
 ERICLEA
 Non intendo o m’inganni.
1015Chi Timocrate uccise?
 NICANDRO
 Meride e grazia ottenne.
 ERICLEA
                                               E Selinunte?
 NICANDRO
 Cadrà sotto la scure il non reo capo.
 ERICLEA
 Meride dunque per timor di morte
 fugge sua pena? E può soffrir che il ferro
1020tronchi a l’amico l’onorata testa?
 NICANDRO
 La troncherà, quando al cadente sole
 chi partì non ritorni. Ei lo promise
 ma uscì di Siracusa, invan più atteso.
 ERICLEA
 Misera me! Non piangerà il tuo amore
1025per Selinunte, o fortunata Areta,
 qual per Meride il mio.
 NICANDRO
                                             Che mai dicesti?
 Per Selinunte Areta arde di amore?
 ERICLEA
 Quando parla, non mente un gran dolore.
 NICANDRO
 Basta così. Consolati. Ericlea
1030non sarà l’infelice.
 So il mio rivale; e vendicarmi or lice.
 
    Quando amore si trova sprezzato,
 s’armi d’ira, non pianga ostinato;
 molle pianto non desta a pietà.
 
1035   A beltà cresce orgoglio e possanza,
 perché s’ama con troppa costanza
 e si serve con troppa viltà.
 
 SCENA XII
 
 ERICLEA
 
 ERICLEA
 Ecco il frutto, Ericlea,
 del tuo furor mal consigliato. È morto,
1040morto è ’l nemico tuo.
 Vendicata tu sei. Dura vendetta
 quella che costa pianti!
 In periglio è l’amante. Ella è sciagura.
 Era meglio perir, per non perire.
1045Ei ti cerca per darti
 l’ultimo addio. Poi la sua gloria il chiama
 dove amor non vorria. Fiero cimento!
 Consigliar nol poss’io
 né a viver né a morir. Tutto mi è affanno.
1050Contrastan nel mio core
 di perderlo la tema
 e ’l dover di salvarlo. Irresoluti
 voti oppongonsi a voti e brame a brame.
 Mi uccide estinto e mi spaventa infame.
 
1055   Austro sibila, Borea freme,
 uno in turbine, uno in procella;
 e la pallida villanella
 qual più tema ancor non sa.
 
    Su le tenere spiche intatte
1060rompe in lagrime, immobil geme,
 che se grandine alor le abbatte,
 di che vivere ella non ha.
 
 Fine dell’atto terzo